Il calcio è poesia - Il mister che visse tre volte
13-06-2017 18:25 - Archivio news dalle Sezioni 2009-2021
La drammatica storia di Alexander Zorniger
- La vita appesa ad un tiro. La vita che stai perdendo su un campo da calcio, quella fabbrica di spiantati che non si accorge neppure di quello che ti sta accadendo. Lui si chiama Alexander Zorniger, oggi allena il Broenby in Danimarca, e lo fa con la saggezza che gli deriva dall´esperienza calcistica e dal viaggio nell´aldilà con tanto di biglietto di ritorno trovato per caso in tasca. Lui può raccontarlo o farselo raccontare cosa vuol dire, morire in campo; il povero Curi o Morosini no, ma anche tanti altri, come Micael Favre, Bernardo Ribeiro, Patrick Ekeng, Giuliano Taccola, Andrea Cecotti, Marc Vivien Foè.
La vita, amata nel rincorrere un pallone, ti scappa in un dribbling ma solo pochi riescono a recuperare palla ed a ripercorrere il viaggio, senza lasciarci veramente il cuore. E dopo, tutto è sempre nuovo e non c´è azione, momento, che trasmessa visione sufficienti del mondo che ti circonda. Alexander Zorniger pochi anni fa era un calciatore del Copenhagen, e si stava allenando al centro tecnico, finchè la sfera gli andò dritta verso destra; lui preparò il tiro ma vide ad un certo punto distintamente la sua anima sfuggire dal corpo e le sue ossa rotolare senza respiro. Un infarto, sul campo. In pochi minuti arrivarono due ambulanze, una di queste tentò ripetutamente di risvegliarlo, di riportarlo alla vita vera a quel tiro verso la porta. Furono minuti drammatici per chi gli stava attorno, finchè un infermiere lo definì clinicamente morto, lo coprì e lo mise sul mezzo per andare verso l´ospedale, nel dramma di un pomeriggio danese. Nel salire sull´ambulanza, l´altro infermiere, chissà perchè, chiese di poter riaccendere il defribrillatore, di poter riprovare tra l´incredulità generale, come se qualcuno da chissà dove, gli chiedesse di insistere, nell´evidenza di una mancanza di segnale cardiaco che il tracciato indicava chiaro. Sul mezzo, per tre minuti ancora Alexander Zorniger venne defibrillato finchè un incredibile debole segnale arrivò. Ed allora la corsa in ospedale divenne forsennata, come la rincorsa al pareggio nei minuti di recupero di una qualunque partita. Zornigen passò quasi due mesi ricoverato, subì un intervento al cuore per l´applicazione di Bypass coronarici, il suo cervello altrettanto incredibilmente non subì danni. Non tornò al calcio giocato ma si iscrisse al corso allenatori e la sua carriera lo portò subito alla panchina. Poche settimane fa, nella finale della coppa di Danimarca che il suo Broenby che oggi dirige ha perso proprio contro il ´suo´ Copenhagen, al passaggio sotto la curva dei tifosi che furono un tempo amici, si è alzato un applauso spontaneo, di quelli che ti fanno tornare ancora alla vita. Lui ha alzato un braccio ed indicato il cuore.
Quello salvato da chissà quale miracolo del Dio Pallone.
ARMANDO NAPOLETANO
Fonte: UNVS La Spezia - La Spezia www.unvsliguria.it
- La vita appesa ad un tiro. La vita che stai perdendo su un campo da calcio, quella fabbrica di spiantati che non si accorge neppure di quello che ti sta accadendo. Lui si chiama Alexander Zorniger, oggi allena il Broenby in Danimarca, e lo fa con la saggezza che gli deriva dall´esperienza calcistica e dal viaggio nell´aldilà con tanto di biglietto di ritorno trovato per caso in tasca. Lui può raccontarlo o farselo raccontare cosa vuol dire, morire in campo; il povero Curi o Morosini no, ma anche tanti altri, come Micael Favre, Bernardo Ribeiro, Patrick Ekeng, Giuliano Taccola, Andrea Cecotti, Marc Vivien Foè.
La vita, amata nel rincorrere un pallone, ti scappa in un dribbling ma solo pochi riescono a recuperare palla ed a ripercorrere il viaggio, senza lasciarci veramente il cuore. E dopo, tutto è sempre nuovo e non c´è azione, momento, che trasmessa visione sufficienti del mondo che ti circonda. Alexander Zorniger pochi anni fa era un calciatore del Copenhagen, e si stava allenando al centro tecnico, finchè la sfera gli andò dritta verso destra; lui preparò il tiro ma vide ad un certo punto distintamente la sua anima sfuggire dal corpo e le sue ossa rotolare senza respiro. Un infarto, sul campo. In pochi minuti arrivarono due ambulanze, una di queste tentò ripetutamente di risvegliarlo, di riportarlo alla vita vera a quel tiro verso la porta. Furono minuti drammatici per chi gli stava attorno, finchè un infermiere lo definì clinicamente morto, lo coprì e lo mise sul mezzo per andare verso l´ospedale, nel dramma di un pomeriggio danese. Nel salire sull´ambulanza, l´altro infermiere, chissà perchè, chiese di poter riaccendere il defribrillatore, di poter riprovare tra l´incredulità generale, come se qualcuno da chissà dove, gli chiedesse di insistere, nell´evidenza di una mancanza di segnale cardiaco che il tracciato indicava chiaro. Sul mezzo, per tre minuti ancora Alexander Zorniger venne defibrillato finchè un incredibile debole segnale arrivò. Ed allora la corsa in ospedale divenne forsennata, come la rincorsa al pareggio nei minuti di recupero di una qualunque partita. Zornigen passò quasi due mesi ricoverato, subì un intervento al cuore per l´applicazione di Bypass coronarici, il suo cervello altrettanto incredibilmente non subì danni. Non tornò al calcio giocato ma si iscrisse al corso allenatori e la sua carriera lo portò subito alla panchina. Poche settimane fa, nella finale della coppa di Danimarca che il suo Broenby che oggi dirige ha perso proprio contro il ´suo´ Copenhagen, al passaggio sotto la curva dei tifosi che furono un tempo amici, si è alzato un applauso spontaneo, di quelli che ti fanno tornare ancora alla vita. Lui ha alzato un braccio ed indicato il cuore.
Quello salvato da chissà quale miracolo del Dio Pallone.
ARMANDO NAPOLETANO
Fonte: UNVS La Spezia - La Spezia www.unvsliguria.it