la cultura dello sport
26-02-2015 14:53 - Archivio news dalle Sezioni 2009-2021
Imparare, pensare, vivere Sportivamente
Cerchiamo ora di definire meglio il senso da attribuire ai valori suggeriti:
•rapporti con gli altri
•spirito di squadra/senso d´appartenenza
•rispetto dell´altro
•integrazione sociale
•affermazione del merito
•lealtà
•competizione
Naturalmente si tratta di un suggerimento, uno spunto, e l´elenco potrà essere arricchito e personalizzato da tutti i Soggetti attivi.
Rapporti con gli altri
Lo sport come agenzia di socializzazione che permette d´allargare i propri orizzonti cognitivi. Il confronto con gli altri è un valore centrale delle pratiche sportive, sia quelle direttamente svolte dagli allievi, sia quelle fruite direttamente sui campi da gioco oppure attraverso i media.
Lo sport visto come linguaggio universale attraverso cui entrare in rapporto con gli altri, definire convergenze di vedute e di prospettive culturali.
Spirito di squadra/senso d´appartenenza
Lo sport come costruzione di relazioni. Chiunque pratichi uno sport, specialmente se è uno sport di squadra, impara a stare in un gruppo, a decifrare e condividere le regole che caratterizzano questo gruppo, a individuare punti di riferimento all´interno di tale gruppo. Ma qualcosa d´analogo accade anche negli sport individuali, che comunque richiedono la condivisione di spazi e pratiche (la palestra, il campo d´atletica, ecc.).
La condivisione di un gruppo caratterizza anche il consumo d´eventi sportivi. Si pensi alle pratiche di tifo, che sono - soprattutto per gli adolescenti - pratiche di confronto e d´individuazione di atteggiamenti e comportamenti assunti come esemplari.
Finanche quelli negativi (talvolta soprattutto quelli), quale l´affermazione del sé attraverso gesti violenti e intolleranti, sono attribuibili all´esigenza di tarare la propria identità, la costruzione e l´affermazione di tale identità attraverso l´adesione alle regole del gruppo.
Molto più banalmente (e innocentemente) l´appartenenza attraverso lo sport è definita dal legame che si costruisce con "la squadra del cuore", oppure la condivisione dei principali momenti in cui s´estrinseca la passione sportiva: la visione della partita (allo stadio o anche in TV), la discussione con gli amici a scuola, l´attesa dei propri beniamini all´uscita dagli allenamenti, ecc. ecc.
Rispetto dell´altro
Chi pratica uno sport sa bene che il rispetto prima che agli avversari va riconosciuto ai propri compagni di squadra e a quanti - all´interno della propria associazione sportiva - permettono la realizzazione della stessa. L´associazionismo sportivo e il volontariato che lo anima è spesso dimenticato dagli stessi praticanti e dalle loro famiglie. Puntualità agli appuntamenti, impegno negli allenamenti e nelle competizioni, decoro nell´abbigliamento e riconoscibilità dell´appartenenza (indossare la divisa della società ecc.) sono tutti segnali del rispetto che si ha nei confronti di se stessi e dei propri compagni.
Poi c´è il rispetto dell´avversario, formalizzato da una ritualità molto forte nello sport, ma i cui significati appaiono ormai desemantizzati. La definizione di nuove pratiche a questo proposito recentemente assunte dal principale sport nazionale - il calcio - erroneamente definite "terzo tempo" può essere un´occasione per ridiscutere il significato di alcune retoriche del rispetto storicamente esistenti nello sport.
Ma le declinazioni del rispetto possono essere innumerevoli:
1) l´impegno dei professionisti nelle competizioni minori, anche come riconoscimento alla centrale funzione di spettacolo pagato dai fruitori;
2) l´impegno degli spettatori a rispettare i protagonisti in campo senza offenderli fisicamente (ad es. lancio d´oggetti), oppure denigrando le loro appartenenze religiose o nazionali;
3) l´impegno di chi commenta eventi sportivi a non offendere le parti in causa, né il senso del pudore, ecc. ecc.
Integrazione sociale
Lo sport è un grandissimo vettore d´integrazione.
Basta affacciarsi la domenica su qualsiasi campetto di periferia per constatare come quanto più giovani sono i praticanti maggiore è la varietà della provenienza etnica all´interno di ogni squadra.
Peraltro, l´inserimento in una squadra di un qualsiasi sport spesso ribalta le gerarchie sociali e culturali vigenti. Se l´inserimento scolastico di un cittadino recentemente immigrato talvolta risente delle difficoltà linguistiche e culturali, oppure delle difficoltà economiche di cui l´immigrato spesso è vittima, nella pratica sportiva questi gap sono minori e, talvolta, addirittura si ribaltano, per cui attraverso la pratica sportiva si ridefinisce il complesso sistema delle gerarchie sociali e della conseguente autostima.
Analogamente, l´abbondante provenienza multietnica dei protagonisti dello sport, esibita con sempre maggior evidenza, anche grazie alla mediatizzazione dello sport, con campioni ed esibizioni di protagonisti che agiscono in tutte le parti del mondo, fa dello sport uno dei campi culturali in cui la differenza di genere ed etnica è sempre meno considerata come discriminante.
Anzi, talvolta avviene il contrario. Si pensi alla schiacciante superiorità degli atleti africani nella corsa.
La pratica sportiva, soprattutto del calcio, lo sport di gran lunga più praticato in Italia, è anche fattore di mescolamento di classi e ceti sociali.
In realtà cittadine, specialmente quelle urbane, in cui negli ultimi anni si sta assistendo ad un ritorno di forti segmentazioni dei luoghi di residenza per appartenenza sociale, lo sport diventa uno dei pochi luoghi dove i bambini e gli adolescenti possono incontrare coetanei provenienti da realtà sociali e culturali talvolta molto differenti, acquisendo una più ricca e partecipata dimensione dell´alterità. Sempre sui campi di periferia di cui prima si diceva, un dato sociologicamente e giornalisticamente interessante è l´intreccio di famiglie le cui traiettorie sociali s´incrociano soltanto sui campi di calcio, mentre per il resto mantengono abitudini di vita e frequentazioni d´ambienti assolutamente dissimili.
Affermazione del merito
La pratica di uno sport mostra come il successo sportivo si costruisca lentamente e richieda tantissimo impegno, dedizione e passione. Una considerazione apparentemente banale, ma che è opportuno ribadire se si pensa a come spesso nell´immaginario collettivo il campione sia un fortunato predestinato arrivato lì per caso e per fortuna. La sempre maggiore visibilità degli atleti, l´aura glamour che li circonda fanno perdere di vista la lenta, progressiva e spesso tortuosa selezione che sta dietro la biografia di un successo. Le frequenti polemiche che avvolgono soprattutto il mondo del calcio circa i meriti e i demeriti dei vari calciatori oscurano il dato di fatto che quelle poche centinaia di professionisti sono emersi fra milioni di praticanti.
L´affermazione nella pratica sportiva potrebbe diventare, pertanto, un´ottima metafora per l´esaltazione del merito, un valore molto discusso ma poco praticato nel nostro Paese. Trascurare questi aspetti rischia di porre sullo stesso piano gli atleti con tanti personaggi del momento che arrivano al successo immediato grazie alla partecipazione a qualche quiz o reality show. Lungi da noi compiere moralistiche distinzioni circa le vie del successo, è comunque opportuno far riflettere i giovani su come il successo sportivo mai (o quasi mai) sia casuale; seppure richieda varie componenti - fra cui una dose di fortuna - è comunque attribuibile soprattutto a impegno, passione, determinazione, ostinazione, spirito di sopportazione, rinunce, capacità di reggere delusioni, sconfitte, infortuni, lontananza dal proprio ambiente, dai propri cari e dai propri amici.
Lealtà
Il riconoscimento del merito è anche una pratica di lealtà. Riconoscere la giustezza della sconfitta, il valore dell´avversario, così come l´opportunità d´impiegare altri compagni di squadra al proprio posto è pratica di lealtà. Imparare a sopportare i costi di un´esclusione, così come ad ammettere la sconfitta, anche e soprattutto se immeritata, è una dote fondamentale nello sport. Uno dei motivi che rende particolarmente attraente lo sport è proprio che quasi sempre - nel lungo periodo - emergono i migliori, a cui va tributato il giusto riconoscimento; ma può anche capitare il caso, la fortuna che per una volta premia diversamente. L´accettazione dell´una come dell´altra eventualità è un´ottima maestra di vita, perché - come ben si sa - anche nella vita capita l´imponderabile, il ribaltamento della situazione, metaforicamente potremmo dire il gol all´ultimo minuto. La forza d´accettare anche questo è forgiata propria dalla quotidiana pratica della lealtà.
La lealtà richiama la natura relazionale dello sport, ogni sport - soprattutto quelli di squadra - si pratica con altri e non contro gli altri; anche se poi l´obiettivo è la competizione e il superamento dell´altro. E´ leale chi non ricorre a sotterfugi per affermarsi, ma soprattutto chi mette nelle migliori condizioni per operare quanti sono chiamati a far rispettare le regole del gioco, arbitri, giudici, ecc.
Competizione
Esortare a comportamenti leali non vuol dire sottovalutare il valore della competizione. Spesso si propone d´eliminare i risultati dagli sport praticati dai bambini e dagli adolescenti. Sarebbe una pratica enormemente diseducativa, pensabile soltanto in una società terapeutica, come spesso tendiamo ad essere, in cui si protegge il minore da tutto, confinandolo in una metaforica campana di vetro, da dove non dovrebbe vedere il mondo e farsi sentire da esso.
Invece, l´educazione al risultato è uno dei grandi valori dello sport. La vittoria non va concepita come sopraffazione, bensì come raggiungimento di un obiettivo che richiede impegno, sacrificio, passione, determinazione.
Il risultato educa al perseguimento dell´obiettivo, che deve essere concepito soprattutto come affermazione del sé. Questo processo è più evidente negli sport individuali, dove è centrale la pratica di misurare le proprie prestazioni: il tempo impiegato a percorrere una distanza, la velocità di un´esecuzione, un´altezza oppure una distanza coperta con un lancio oppure con un salto. Ma l´autoaffermazione deve essere sempre centrale, anche negli sport di squadra, dove il posto in classifica andrebbe spesso comparato non soltanto con quello occupato dalle altre squadre, ma anche con il proprio nell´anno precedente oppure nel girone precedente, proprio per sottolineare i margini di miglioramento e individuarne le cause, così come riflettere sulle motivazioni del peggioramento.
Negli ultimi mesi è capitato più volte di leggere sui giornali di proteste da parte di giovani atleti, che lamentano un´eccessiva eccitabilità dei propri parenti nel seguire le loro prestazioni sportive. Ovviamente, tutti riconosciamo la giustezza delle loro posizioni, ma spesso la motivazione è in parte fuorviante: bisogna fargli vivere l´attività sportiva come un gioco. Detto che in qualsiasi gioco, legittimamente, ogni bambino vuole vincere, bisogna ricordare che lo sport è una pratica finalizzata al divertimento e al rilassamento, ma il suo principale valore educativo consiste proprio nel misurarsi con sé, con il proprio corpo, scoprendolo, capendone le potenzialità, ma anche misurarsi con gli altri. Nello sport, come più volte ricordato, è centrale la tensione alla relazione, che si realizza anche attraverso l´affermazione della propria identità, che passa attraverso il risultato, il raggiungimento dell´obiettivo.
E´ pertanto giustissimo stigmatizzare comportamenti violenti e conflittuali di genitori, che scaricano le proprie frustrazioni (sportive e non solo) eccitando allo scontro dagli spalti, oppure pretendendo prestazioni perfette, come nemmeno i professionisti possono assicurare; ma è ugualmente giusto che i genitori spronino all´impegno e alla determinazione nello svolgimento dell´attività sportiva.
Fonte: Giovanni Salbaroli - VEMS www.unvsromagna.it
Cerchiamo ora di definire meglio il senso da attribuire ai valori suggeriti:
•rapporti con gli altri
•spirito di squadra/senso d´appartenenza
•rispetto dell´altro
•integrazione sociale
•affermazione del merito
•lealtà
•competizione
Naturalmente si tratta di un suggerimento, uno spunto, e l´elenco potrà essere arricchito e personalizzato da tutti i Soggetti attivi.
Rapporti con gli altri
Lo sport come agenzia di socializzazione che permette d´allargare i propri orizzonti cognitivi. Il confronto con gli altri è un valore centrale delle pratiche sportive, sia quelle direttamente svolte dagli allievi, sia quelle fruite direttamente sui campi da gioco oppure attraverso i media.
Lo sport visto come linguaggio universale attraverso cui entrare in rapporto con gli altri, definire convergenze di vedute e di prospettive culturali.
Spirito di squadra/senso d´appartenenza
Lo sport come costruzione di relazioni. Chiunque pratichi uno sport, specialmente se è uno sport di squadra, impara a stare in un gruppo, a decifrare e condividere le regole che caratterizzano questo gruppo, a individuare punti di riferimento all´interno di tale gruppo. Ma qualcosa d´analogo accade anche negli sport individuali, che comunque richiedono la condivisione di spazi e pratiche (la palestra, il campo d´atletica, ecc.).
La condivisione di un gruppo caratterizza anche il consumo d´eventi sportivi. Si pensi alle pratiche di tifo, che sono - soprattutto per gli adolescenti - pratiche di confronto e d´individuazione di atteggiamenti e comportamenti assunti come esemplari.
Finanche quelli negativi (talvolta soprattutto quelli), quale l´affermazione del sé attraverso gesti violenti e intolleranti, sono attribuibili all´esigenza di tarare la propria identità, la costruzione e l´affermazione di tale identità attraverso l´adesione alle regole del gruppo.
Molto più banalmente (e innocentemente) l´appartenenza attraverso lo sport è definita dal legame che si costruisce con "la squadra del cuore", oppure la condivisione dei principali momenti in cui s´estrinseca la passione sportiva: la visione della partita (allo stadio o anche in TV), la discussione con gli amici a scuola, l´attesa dei propri beniamini all´uscita dagli allenamenti, ecc. ecc.
Rispetto dell´altro
Chi pratica uno sport sa bene che il rispetto prima che agli avversari va riconosciuto ai propri compagni di squadra e a quanti - all´interno della propria associazione sportiva - permettono la realizzazione della stessa. L´associazionismo sportivo e il volontariato che lo anima è spesso dimenticato dagli stessi praticanti e dalle loro famiglie. Puntualità agli appuntamenti, impegno negli allenamenti e nelle competizioni, decoro nell´abbigliamento e riconoscibilità dell´appartenenza (indossare la divisa della società ecc.) sono tutti segnali del rispetto che si ha nei confronti di se stessi e dei propri compagni.
Poi c´è il rispetto dell´avversario, formalizzato da una ritualità molto forte nello sport, ma i cui significati appaiono ormai desemantizzati. La definizione di nuove pratiche a questo proposito recentemente assunte dal principale sport nazionale - il calcio - erroneamente definite "terzo tempo" può essere un´occasione per ridiscutere il significato di alcune retoriche del rispetto storicamente esistenti nello sport.
Ma le declinazioni del rispetto possono essere innumerevoli:
1) l´impegno dei professionisti nelle competizioni minori, anche come riconoscimento alla centrale funzione di spettacolo pagato dai fruitori;
2) l´impegno degli spettatori a rispettare i protagonisti in campo senza offenderli fisicamente (ad es. lancio d´oggetti), oppure denigrando le loro appartenenze religiose o nazionali;
3) l´impegno di chi commenta eventi sportivi a non offendere le parti in causa, né il senso del pudore, ecc. ecc.
Integrazione sociale
Lo sport è un grandissimo vettore d´integrazione.
Basta affacciarsi la domenica su qualsiasi campetto di periferia per constatare come quanto più giovani sono i praticanti maggiore è la varietà della provenienza etnica all´interno di ogni squadra.
Peraltro, l´inserimento in una squadra di un qualsiasi sport spesso ribalta le gerarchie sociali e culturali vigenti. Se l´inserimento scolastico di un cittadino recentemente immigrato talvolta risente delle difficoltà linguistiche e culturali, oppure delle difficoltà economiche di cui l´immigrato spesso è vittima, nella pratica sportiva questi gap sono minori e, talvolta, addirittura si ribaltano, per cui attraverso la pratica sportiva si ridefinisce il complesso sistema delle gerarchie sociali e della conseguente autostima.
Analogamente, l´abbondante provenienza multietnica dei protagonisti dello sport, esibita con sempre maggior evidenza, anche grazie alla mediatizzazione dello sport, con campioni ed esibizioni di protagonisti che agiscono in tutte le parti del mondo, fa dello sport uno dei campi culturali in cui la differenza di genere ed etnica è sempre meno considerata come discriminante.
Anzi, talvolta avviene il contrario. Si pensi alla schiacciante superiorità degli atleti africani nella corsa.
La pratica sportiva, soprattutto del calcio, lo sport di gran lunga più praticato in Italia, è anche fattore di mescolamento di classi e ceti sociali.
In realtà cittadine, specialmente quelle urbane, in cui negli ultimi anni si sta assistendo ad un ritorno di forti segmentazioni dei luoghi di residenza per appartenenza sociale, lo sport diventa uno dei pochi luoghi dove i bambini e gli adolescenti possono incontrare coetanei provenienti da realtà sociali e culturali talvolta molto differenti, acquisendo una più ricca e partecipata dimensione dell´alterità. Sempre sui campi di periferia di cui prima si diceva, un dato sociologicamente e giornalisticamente interessante è l´intreccio di famiglie le cui traiettorie sociali s´incrociano soltanto sui campi di calcio, mentre per il resto mantengono abitudini di vita e frequentazioni d´ambienti assolutamente dissimili.
Affermazione del merito
La pratica di uno sport mostra come il successo sportivo si costruisca lentamente e richieda tantissimo impegno, dedizione e passione. Una considerazione apparentemente banale, ma che è opportuno ribadire se si pensa a come spesso nell´immaginario collettivo il campione sia un fortunato predestinato arrivato lì per caso e per fortuna. La sempre maggiore visibilità degli atleti, l´aura glamour che li circonda fanno perdere di vista la lenta, progressiva e spesso tortuosa selezione che sta dietro la biografia di un successo. Le frequenti polemiche che avvolgono soprattutto il mondo del calcio circa i meriti e i demeriti dei vari calciatori oscurano il dato di fatto che quelle poche centinaia di professionisti sono emersi fra milioni di praticanti.
L´affermazione nella pratica sportiva potrebbe diventare, pertanto, un´ottima metafora per l´esaltazione del merito, un valore molto discusso ma poco praticato nel nostro Paese. Trascurare questi aspetti rischia di porre sullo stesso piano gli atleti con tanti personaggi del momento che arrivano al successo immediato grazie alla partecipazione a qualche quiz o reality show. Lungi da noi compiere moralistiche distinzioni circa le vie del successo, è comunque opportuno far riflettere i giovani su come il successo sportivo mai (o quasi mai) sia casuale; seppure richieda varie componenti - fra cui una dose di fortuna - è comunque attribuibile soprattutto a impegno, passione, determinazione, ostinazione, spirito di sopportazione, rinunce, capacità di reggere delusioni, sconfitte, infortuni, lontananza dal proprio ambiente, dai propri cari e dai propri amici.
Lealtà
Il riconoscimento del merito è anche una pratica di lealtà. Riconoscere la giustezza della sconfitta, il valore dell´avversario, così come l´opportunità d´impiegare altri compagni di squadra al proprio posto è pratica di lealtà. Imparare a sopportare i costi di un´esclusione, così come ad ammettere la sconfitta, anche e soprattutto se immeritata, è una dote fondamentale nello sport. Uno dei motivi che rende particolarmente attraente lo sport è proprio che quasi sempre - nel lungo periodo - emergono i migliori, a cui va tributato il giusto riconoscimento; ma può anche capitare il caso, la fortuna che per una volta premia diversamente. L´accettazione dell´una come dell´altra eventualità è un´ottima maestra di vita, perché - come ben si sa - anche nella vita capita l´imponderabile, il ribaltamento della situazione, metaforicamente potremmo dire il gol all´ultimo minuto. La forza d´accettare anche questo è forgiata propria dalla quotidiana pratica della lealtà.
La lealtà richiama la natura relazionale dello sport, ogni sport - soprattutto quelli di squadra - si pratica con altri e non contro gli altri; anche se poi l´obiettivo è la competizione e il superamento dell´altro. E´ leale chi non ricorre a sotterfugi per affermarsi, ma soprattutto chi mette nelle migliori condizioni per operare quanti sono chiamati a far rispettare le regole del gioco, arbitri, giudici, ecc.
Competizione
Esortare a comportamenti leali non vuol dire sottovalutare il valore della competizione. Spesso si propone d´eliminare i risultati dagli sport praticati dai bambini e dagli adolescenti. Sarebbe una pratica enormemente diseducativa, pensabile soltanto in una società terapeutica, come spesso tendiamo ad essere, in cui si protegge il minore da tutto, confinandolo in una metaforica campana di vetro, da dove non dovrebbe vedere il mondo e farsi sentire da esso.
Invece, l´educazione al risultato è uno dei grandi valori dello sport. La vittoria non va concepita come sopraffazione, bensì come raggiungimento di un obiettivo che richiede impegno, sacrificio, passione, determinazione.
Il risultato educa al perseguimento dell´obiettivo, che deve essere concepito soprattutto come affermazione del sé. Questo processo è più evidente negli sport individuali, dove è centrale la pratica di misurare le proprie prestazioni: il tempo impiegato a percorrere una distanza, la velocità di un´esecuzione, un´altezza oppure una distanza coperta con un lancio oppure con un salto. Ma l´autoaffermazione deve essere sempre centrale, anche negli sport di squadra, dove il posto in classifica andrebbe spesso comparato non soltanto con quello occupato dalle altre squadre, ma anche con il proprio nell´anno precedente oppure nel girone precedente, proprio per sottolineare i margini di miglioramento e individuarne le cause, così come riflettere sulle motivazioni del peggioramento.
Negli ultimi mesi è capitato più volte di leggere sui giornali di proteste da parte di giovani atleti, che lamentano un´eccessiva eccitabilità dei propri parenti nel seguire le loro prestazioni sportive. Ovviamente, tutti riconosciamo la giustezza delle loro posizioni, ma spesso la motivazione è in parte fuorviante: bisogna fargli vivere l´attività sportiva come un gioco. Detto che in qualsiasi gioco, legittimamente, ogni bambino vuole vincere, bisogna ricordare che lo sport è una pratica finalizzata al divertimento e al rilassamento, ma il suo principale valore educativo consiste proprio nel misurarsi con sé, con il proprio corpo, scoprendolo, capendone le potenzialità, ma anche misurarsi con gli altri. Nello sport, come più volte ricordato, è centrale la tensione alla relazione, che si realizza anche attraverso l´affermazione della propria identità, che passa attraverso il risultato, il raggiungimento dell´obiettivo.
E´ pertanto giustissimo stigmatizzare comportamenti violenti e conflittuali di genitori, che scaricano le proprie frustrazioni (sportive e non solo) eccitando allo scontro dagli spalti, oppure pretendendo prestazioni perfette, come nemmeno i professionisti possono assicurare; ma è ugualmente giusto che i genitori spronino all´impegno e alla determinazione nello svolgimento dell´attività sportiva.
Fonte: Giovanni Salbaroli - VEMS www.unvsromagna.it